Il brano del vangelo di Matteo che oggi si legge in chiesa descrive il dinamismo di Gesù. Dice che egli, “lasciata Nazaret, venne ad abitare a  Cafarnao”; che vede Simone e Andrea “mentre camminava lungo il mare di Galilea”, e che “andando oltre”, vede Giovanni e Giacomo, e come coronamento, Matteo ci dice che “percorreva tutta la Galilea”.

Gesù è in movimento, e coinvolge gli altri: alla gente dice di convertirsi, cioè di girare i tacchi e prendere un’altra direzione; a Pietro e agli altri chiede di seguirlo. Non è di sicuro il professore in cattedra che aspetta gli studenti per impartire loro il sapere. E se va a Cafarnao, non è per riposarsi: la città era un crocevia tra i più battuti, il punto di incontro di strade carovaniere, e Gesù lascia la tranquilla Nazaret proprio per immergersi nel movimento delle folle.

Il vangelo ci rivela una cosa importante e interessante, cioè il modo in cui Gesù vive il suo ministero, il servizio: cammina, accosta la gente per strada, in un servizio mobile, elastico. Mi viene spontaneo confrontare il suo stile con il nostro: noi dobbiamo fare incontri, sederci (non solo metaforicamente) intorno a un tavolo, progettare, pianificare… Certo non bisogna improvvisare, ma  Gesù ci ricorda che prima di tutto viene l’incontro con le persone lungo il cammino della vita. Il Vangelo di Gesù si trasmette da cuore a cuore, per contagio, là dove la strada di una persona diventa croce (crocevia, incrocio). Credo che per noi, preti e laici, assuefatti ormai ad un cristianesimo passivo e immobile, in cui ci limitiamo a sedere e ad attendere di essere serviti, sia una provocazione forte a cambiare stile: a convertirci, cioè a rialzarci in piedi, e a rimetterci in cammino per inseguire quel Gesù, che ci precede instancabile e ci chiama: “seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini».

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